giovedì 16 febbraio 2012

La teoria delle stringhe (con qualche formula)

Sappiamo che la teoria delle stringhe è una delle teorie della Fisica più interessanti (e controverse) degli ultimi decenni. In realtà avrebbe la “presunzione” di essere una “teoria del tutto”, cioè una teoria in grado di unificare tutte le principali teorie della Fisica attualmente accettate e quindi dovrebbe essere in grado di descrivere tutti i fenomeni fisici della Natura.

L’ipotesi da cui si parte è che le particelle come gli elettroni, i protoni o i neutroni (e tutte le altre particelle conosciute) non sono dei “punti”, ma delle “cordicelle” vibranti, ma sono così piccole e sottili che le vediamo come se fossero perfettamente puntiformi.

Ma in che cosa consistono esattamente queste stringhe?

Andiamo un bel po’ indietro nel tempo. Si suole dire che Pitagora sia stato il primo teorico delle stringhe della storia. Pitagora, che era un eccellente suonatore di lira, fu il primo a scoprire le relazioni armoniche delle corde che vibrano. Ovviamente si trattava di corde di strumenti musicali, ma la sua intuizione ha influenzato il pensiero occidentale in maniera profonda, perché mise in evidenza come la natura e la matematica sono intimamente connesse. In realtà Pitagora non usò la lira, ma uno strumento molto più semplice, chiamato “monocorde”, costituito da una sola corda tirata su una struttura in legno. In questo modo scoprì che se una corda viene divisa in due parti, la nota che essa produce è di un’ottava più alta della nota prodotta dalla corda intera. Se viene divisa in 3 parti uguali, la corda vibra in un rapporto di 3 a 1, e così via. Sembra che abbia detto: “studiate il monocorde e scoprirete i segreti dell’Universo”.

Forse la sua affermazione è esagerata, ma molti fisici teorici moderni lo hanno preso seriamente in parola!

Nei tempi moderni la matematica ci permette di descrivere l’oscillazione di una corda tesa in maniera molto più efficace e dettagliata.


Se la corda è descritta come nel grafico sopra, con l’ampiezza di oscillazione che si sviluppa nell’asse y (x è la lunghezza della corda), la sua equazione si può scrivere nel modo seguente:

dove t è il tempo e v è la velocità con cui si propaga l’onda nella corda.

Quando si risolve questa equazione bisogna considerare le “condizioni al contorno”. Ad esempio bisogna specificare che la corda è fissata in entrambi i suoi estremi e che ha una lunghezza L che non si può “stirare”.

La soluzione generale della precedente equazione può essere scritta come una somma di “modi normali”, indicati dal numero intero n, in questo modo:

La condizione per avere un modo normale è che la lunghezza dell’onda sia una frazione intera del doppio della lunghezza della corda, quindi che sia:

La frequenza dei modi normali è data da:

I modi normali sono quelli che noi percepiremmo come “note”. Si deve notare come la velocità dell’onda sulla corda aumenta all’aumentare della tensione della corda, quindi aumenterà pure la frequenza normale. E’ per questo motivo che la corda di una chitarra produce una nota più alta quando la corda stessa è più serrata.

Quella che è stata descritta finora è una corda non relativistica, in cui le onde si propagano a velocità molto più basse di quella della luce.

Ma come si fa a descrivere matematicamente quella che adesso possiamo chiamare “stringa relativistica”? Secondo la teoria della relatività di Einstein dovremmo scrivere un’equazione relativistica che deve essere invariante per le trasformazioni di Lorentz. Per fare ciò dobbiamo immaginare che la stringa si muova su una superficie di spazio-tempo, detta “superficie di universo”. Nella stringa non relativistica (che abbiamo chiamato semplicemente corda) c’era una netta differenza tra le coordinate spaziali e quella temporale. In una teoria di stringa relativistica dobbiamo considerare la superficie di universo della stringa come uno spazio bidimensionale dove la divisione tra spazio e tempo dipende dall’osservatore.

L’equazione della stringa relativistica si può scrivere così:

dove σ e τ sono le coordinate della superficie di universo e rappresentano lo spazio e il tempo. Il parametro c2 invece rappresenta il rapporto tra la tensione di stringa e la sua massa per unità di lunghezza.

Queste equazioni del moto possono essere derivate dalle equazioni di Eulero-Lagrange in base all’azione sulla superficie di universo della stringa:

Le coordinate spaziotemporali Xµ della stringa in questa rappresentazione sono anche i campi Xµ in una teoria dei campi bidimensionale definita sulla superficie che la stringa “spazza” mentre viaggia nello spazio-tempo. Le derivate parziali sono rispetto alle coordinate σ e τ della superficie di universo e hmn è la metrica bidimensionale definita sulla superficie di universo della stringa.

La soluzione generale dell’equazione di stringa relativistica appare molto simile al caso dell’equazione non relativistica vista in precedenza. Otteniamo questa espansione in serie di modi normali:

La soluzione qui sopra è ben diversa da quella di una corda di chitarra, nel senso che la stringa non è legata ad entrambi gli estremi ed è libera di oscillare nella superficie di universo. La stringa descritta dal quella equazione è una stringa aperta i cui estremi sono liberi.

Per una stringa chiusa le condizioni al contorno sono periodiche e le soluzioni assomigliano a due soluzioni di stringa aperta che si muovono in direzione opposta. Queste due modalità di stringa chiusa vengono chiamate left-movers e right-movers e le differenze tra queste modalità sono molto importanti per definire la teoria delle superstringhe eterotiche.

Stringa aperta e stringa chiusa

Finora abbiamo considerato l’equazione di una stringa e l’abbiamo scritta in modo tale che fosse compatibile con la teoria della Relatività. Ma non abbiamo affatto finito. Siccome stiamo ipotizzando che le stringhe sono oggetti di dimensioni inferiori a quelle degli atomi e anche delle particelle elementari, è ragionevole supporre che la teoria delle stringhe debba essere compatibile anche con la meccanica quantistica.

Ciò significa che per le nostre equazioni di stringa devono esserci anche altri vincoli e cioè devono rispettare le relazioni di commutazione quantistiche.

I modi di oscillazione quantizzati della stringa forniscono una rappresentazione del cosiddetto gruppo di Poincaré, attraverso il quale gli stati quantici di massa e di spin sono classificati in una teoria quantistica e relativistica dei campi.

Ecco cosa sono le particelle elementari nella teoria delle stringhe: sono come le note armoniche suonate da una corda a tensione fissa.

dove il parametro α’ è detto parametro di stringa e la sua radice quadrata rappresenta la scala di dimensione approssimata in cui gli effetti della stringa diventano osservabili.

Il problema della quantizzazione delle stringhe non è esente da guai. Nelle equazioni infatti compaiono soluzioni a “norma” negativa, che quindi non hanno alcun significato fisico (è come se avessero probabilità negativa) e vengono chiamati ghosts (fantasmi). La cosa più stupefacente è che questi ghosts scompaiono completamente dalle equazioni quando le dimensioni dello spazio tempo sono maggiori o uguali a 26!

Per il momento ci fermiamo qui, nel prossimo post scriverò delle dimensioni extra della teoria delle stringhe e di come queste dimensioni si riducano a 10 se imponiamo alle equazioni anche il vincolo di essere compatibili con la supersimmetria (teorie delle superstringhe). Inoltre vedremo anche che le teorie delle superstringhe sono 5 ma forse sono manifestazioni diverse di un’unica, sconosciuta, teoria, detta Teoria M. Vedremo che natura hanno le dimensioni extra della teoria delle stringhe e perché non le possiamo percepire con i nostri sensi (e nemmeno con i più potenti strumenti a nostra disposizione). Faremo un breve viaggio tra strutture affascinanti come le brane e illustrerò il controverso “principio olografico”.

Se questa lettura finora vi ha affascinati, potete andare subito a leggere la seconda parte. Occhiolino


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