domenica 14 novembre 2010

Il Radon in casa

 

Oltre agli "inquinanti artificiali", direttamente connessi con le attività dell'uomo, occorre prestare una certa attenzione anche agli "inquinanti naturali" di natura chimica, fisica e biologica.

Mi sto riferendo al cosiddetto problema radon, ossia di quell'elemento radioattivo che, unitamente ai suoi discendenti, risulta responsabile di buona parte della radiazione naturale esterna ionizzante.

Il radon è un gas nobile, talvolta chiamato ancora con la vecchia denominazione emanazione, che, per la sua grande volatilità e per la sua inerzia chimica, una volta formatosi relativamente libero nelle rocce più profonde, si diffonde attraverso le fessure e le falde acquifere fino a disperdersi in aperta atmosfera.

In questa immagine possiamo vedere da quanti punti diversi le emissioni di Radon possono entrare in una abitazione. I punti deboli di solito sono i raccordi delle tubature, le crepe dei muri, le falde acquifere, i bacini di pompaggio e persino le finestre.

L'isotopo più significativo per la dose dell'uomo è il Rn222, caratterizzato da un periodo di dimezzamento pari a 3,82 giorni e derivato dalla catena di decadimento dell'uranio 238. La sua presenza in natura dipende principalmente dalla concentrazione del radio 226 da cui deriva direttamente per decadimento alfa. La lunga vita media dei suoi più importanti e famosi antenati (uranio e radio), dispersi in piccole tracce un po' ovunque nella crosta terrestre, garantisce la costante presenza del radon 222 e dei suoi discendenti negli ambienti naturali, in genere con concentrazioni volumetriche trascurabili nei riguardi della salute umana.

Esiste però qualche rischio, specie quando in alcune zone della Terra le strutture murarie delle abitazioni sono realizzate con qualche prodotto o sottoprodotto permeato da un certo tenore di materiale uranifero. Trascorrere, infatti, gran parte della propria esistenza in questi ambienti, sempre più sigillati per la crisi energetica, può, talvolta, provocare qualche danno biologico.

Nei locali poco arieggiati, oltre al radon, tendono inoltre ad accumularsi gran parte degli inquinanti tipici ambientali (polvere, detergenti, vernici, conservanti, ecc.). Se poi, talvolta, si aggiunge anche il fumo di sigarette, sicuro agente cancerogeno del radon in quanto contribuisce a veicolare le molecole radioattive nei delicati epiteli dell'apparato respiratorio, il rischio diventa più consistente.

A causa dell'elevata densità di ionizzazione prodotta dalle radiazioni alfa emesse dal radon e dai suoi discendenti, questi corpuscoli radioattivi, pur essendo scarsamente penetranti, sono caratterizzati a parità di dose assorbita dal più alto e marcato danno.

Le prime indagini mirate a valutare il tasso di radon disperso nelle abitazioni sono iniziate in epoche relativamente recenti solo dopo alcune comunicazioni riguardanti il preoccupante incremento dei tumori polmonari registrati nei minatori addetti all'estrazione del capostipite del radon, rappresentato, come abbiamo detto, dall'uranio.

Dall'esame delle misure eseguite si è visto come il tenore del radon e dei suoi immediati discendenti dipende da molteplici fattori. La concentrazione degli elementi radioattivi inquinanti, spesso alquanto variabile in termini temporali, è infatti direttamente connessa con il contenuto di uranio nel sottosuolo, con la geologia del territorio, con le caratteristiche intrinseche dei terreni (sciolti, rocciosi, fratturati), con l'idrografia superficiale e profonda dell'area presa in esame, con i parametri metereologici, con il ricambio di aria nelle abitazioni e soprattutto con il contenuto dei composti uraniferi allorché questi sono presenti nei materiali di costruzione.

Anche se una semplice misura di concentrazione di radon presente nelle abitazioni non è sufficiente per una valutazione completa del rischio, a causa del ruolo talvolta predominante di altri concomitanti agenti eziologici, possiamo affermare che dai risultati delle misure finora eseguite in Italia la concentrazione dell'inquinante naturale radon non ha mai superato la soglia per la quale si possono manifestare danni biologici sicuramente evidenziabili. Al riguardo osserviamo che, come riportato dai giornali con esagerato allarmismo, anche se alcune misure eseguite nel luglio del 1988 nell'interno della base americana di Aviano hanno evidenziato in alcuni edifici una concentrazione di radon superiore al livello di guardia, considerato pari a 150 Bq/m3 e corrispondente a circa 4 pCi/l, con molta probabilità, quel radon non era di origine naturale, ma dovuto a qualche assemblaggio di materiale radioattivo depositato nella base.

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