venerdì 3 aprile 2009

La lampadina

 

L’invenzione della lampadina a incandescenza è attribuita all’americano Thomas Alva Edison (1847-1931) che nel 1879 riuscì a tenere accesa una lampadina, a filamento di cotone carbonizzato, per ben 45 ore e negli anni successivi fondò un’azienda per produrre lampadine in serie.

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Lampada originale di Edison

Nello stesso periodo in cui Edison faceva i suoi esperimenti, molti lavoravano allo stesso progetto, compreso il torinese Alessandro Cruto.

All’inizio del XX secolo il carbone, che si deteriorava facilmente con il calore, fu sostituito dal tungsteno, più resistente al calore. Il primo che utilizzò un filamento di tungsteno fu l’americano William Coolidge nel 1903.

 

Le caratteristiche delle lampadine

Le grandezze che caratterizzano una lampadina sono la potenza, la quantità di luce fornita al secondo e l’efficienza (rapporto tra l’energia luminosa visibile e l’energia elettrica assorbita).

Tra due lampadine che assorbono la stessa potenza, è più efficiente quella che emette più luce.

Consideriamo una lampadina in cui passano 100 Joule di energia elettrica in ogni secondo. Se di questa energia una piccola parte è trasformata in luce (5 Joule) e il resto in energia termica, l’efficienza della lampadina è del 5%.

 

La lampadina a incandescenza

Sono quelle classiche a filamento di tungsteno. Il filamento è sottovuoto e quando diventa incandescente emette luce e calore. Nella parte inferiore del bulbo di vetro c’è un attacco a vite di alluminio, e ancora più in giù un bottone di materiale conduttore, separato dall’attacco a vite da un disco isolante. Dentro il bulbo, oltre al filamento, c’è uno stelo di vetro con due fili di rame che collegano un estremo del filamento all’attacco a vite e l’altro estremo al bottone. Le lampadine ad incandescenza costano poco, però durano poco (1000 ore) e hanno bassa efficienza; solo il 5% dell’energia elettrica assorbita viene trasformata in energia luminosa, il resto si perde in calore. Da questo punto di vista si può dire che le lampadine ad incandescenza, più che illuminare, riscaldano. Guai a toccarne una accesa anche da pochi minuti: ci si può scottare gravemente!

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Gli elementi di una lampadina ad incandescenza

Una variante di lampada ad incandescenza è la lampada alogena. A differenza di quelle descritte prima, in cui il filamento è sottovuoto, il bulbo è riempito di un gas alogeno (bromo o iodio) che contrasta il deterioramento del tungsteno. Il meccanismo di funzionamento è questo: il tungsteno raggiunge temperature superiori a 3000 °C ed evapora; il gas presente nel bulbo reagisce con gli atomi di tungsteno evaporati e li riporta sul filamento. Le lampade alogene sono più efficienti di quelle ad incandescenza e durano di più, fino a 2000 ore.

 

Le lampadine a fluorescenza

Il record dell’efficienza spetta alle lampadine a fluorescenza. Sono piuttosto costose, però presentano due vantaggi:

1) durano più a lungo di quelle a filamento (circa 8000 ore);

2) hanno un’efficienza che supera il 20%.

Nel tubo c’è del gas rarefatto che contiene anche vapori di mercurio. All’accensione, una scarica elettrica attraversa il tubo. Gli atomi di mercurio, colpiti dagli elettroni della scarica, emettono raggi ultravioletti. Sulle pareti del tubo c’è una sostanza fluorescente che converte la radiazione ultravioletta in luce visibile.

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Lampada alogena (a sinistra) e lampada a fluorescenza (a destra)

[Bibliografia: Lezioni di Fisica (Vol. 2), Giuseppe Ruffo, Zanichelli 2006]

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