sabato 4 ottobre 2008

Romanzo a puntate: L'uomo dalle mani invisibili - prima puntata

Esistono vari modi per pubblicare un romanzo. Il più tradizionale e pubblicarlo in formato cartaceo, oppure in formato pdf per essere distribuito direttamente su Internet. In questo blog ho deciso di sperimentare il "romanzo a puntate". Lo so, non è una cosa originale, ma io non l'ho mai fatto :-)

L'uomo dalle mani invisibili è un racconto ispirato ad un sogno e l'ho scritto di getto. Ciò significa che mi perdonerete qualche piccola ingenuità nella forma e nella sostanza :-) Dopotutto il pregio di pubblicare un romanzo su un blog è che se c'è qualcosa che non capite, me la potete chiedere direttamente ;-) L'altro pregio è che posso sfogare tutta la mia creatività senza avere nessuna "ansia da prestazione". Insomma c'è più libertà e quindi più divertimento.

Buona lettura di questa prima puntata dell'Uomo dalle mani invisibili :-)

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Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Guglielmo Cantor si trovò con le mani invisibili. Osservò con indescrivibile disgusto i due moncherini dinanzi ai suoi occhi. Dai polsi in su le sue mani erano diventate completamente invisibili e qui, al confine tra il visibile e l'invisibile, poteva osservare un pulsare di sangue e tessuti vivi che lo angosciava. Appariva come una di quelle sezioni del corpo umano che si vedono nei libri di anatomia.
Si accorse che sentiva perfettamente le sue dita e poteva afferrare le coperte. Quindi le mani in realtà non erano sparite, ma erano divenute misteriosamente trasparenti. Sentì che il panico cresceva dentro di lui ed era sul punto di urlare. Si alzò dal letto e corse in bagno a vomitare dentro la tazza del water.
Trascorsero interminabili secondi di disorientamento e di annebbiamento della coscienza, secondi in cui restò paralizzato, chinato sul water. Appena tornò in lui un briciolo di lucidità, osservò ancora le sue mani.
Allo specchio non si vedevano. Poteva vedere il suo volto attraverso di esse riflesso allo specchio. Aprì il rubinetto del lavandino e vi lasciò scorrere l'acqua; sentì il flusso freddo dell'acqua e vide che questo flusso veniva perturbato dalla presenza delle mani, disegnandone la forma nello spazio. Sentì l'impulso di piangere disperatamente, di urlare, di scatenare tutta la sua rabbia e frustrazione.
Non c'era dubbio: era successo veramente, non era un incubo, ma una più terribile realtà.
Proprio a lui era successo, a lui che aveva assoluto bisogno di non essere notato.
Adesso doveva affrontare il problema più grave: cosa fare per nascondere questa sua inaspettata condizione. Era tardi e doveva andare a lavoro: pensò che un normale paio di guanti avrebbe risolto il problema in maniera elegante e se qualcuno avesse fatto qualche domanda di troppo, sarebbe stato sufficiente inventarsi la scusa di una allergia per scoraggiare qualsiasi ulteriore curiosità.
I guanti però non avrebbero risolto il mistero di quel fenomeno atipico. Quale terribile male dell'anima o del corpo rende le mani trasparenti? E se qualcuno gli avesse chiesto di toglierli per vedere le escoriazioni dell'epidermide dovute all'allergia? Cosa avrebbe potuto rispondere?
“No, non posso andare a lavoro! Non in queste condizioni...”.
Andò a sedersi sul letto per pensare qualcosa, ma non riusciva a pensare a niente. Solo vergogna, per ciò che gli era appena successo, solo questo riusciva a pensare. Sapeva che doveva essere colpa sua, ne era certo, anche se non era in grado di individuare con certezza cosa avesse fatto di sbagliato.
Ricordava che di notte era stato tormentato da vari incubi, ma non riusciva a ricordarne il contenuto. Ma forse non c'era alcuna correlazione tra i sogni e le mani.
Bisognava trovare una soluzione rapidamente. Se fosse arrivato in ritardo a lavoro, probabilmente non sarebbe successo niente, ma se non ci andava affatto avrebbe dato troppo nell'occhio, e lui non se lo poteva permettere.
Optò per la soluzione dei guanti, ma sotto avrebbe messo delle fasciature. Ai più curiosi avrebbe detto che il medico gli aveva raccomandato di non rimuoverle assolutamente per alcuni giorni. In questo modo avrebbe guadagnato tempo e avrebbe potuto decidere con più calma se continuare a vivere come se niente fosse oppure se fuggire per sempre.
Guglielmo Cantor non era sempre stato un modesto bibliotecario. Da giovane era stato una delle menti più brillanti della nazione; il suo unico difetto era che aveva conosciuto le persone sbagliate.

“Sono fuggito dal mio passato, ma il passato non si è limitato a raggiungermi: mi ha addirittura sorpassato e ora mi umilia con ferocia”.

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Continua... (il prossimo appuntamento, sabato 11 ottobre)

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