giovedì 10 aprile 2008

Il Signore degli Anelli e il potere

Vi è mai capitato di innamorarvi perdutamente? Avete mai collegato una linea elettrica da un milione di volt ad un impianto che ne sopporta al massimo 220? Ebbene, sembrerà strano, ma le due situazioni si somigliano più di quanto voi possiate credere!

Eppure lo ricordate bene che quell’innamoramento vi dava una sofferenza che non riuscivate quasi a sopportare… E com’è finita? O è finita che la scarica ad un milione di volt vi ha bruciati, oppure siete rapidamente approdati ai tranquilli 220 volt di una normale storia d’amore, fatta di affetto e di gesti quotidiani. Se vi ha bruciati avrà anche scavato un profondo solco nella vostra anima. È probabile che da allora non siete più gli stessi… Avete imparato qualcosa di importante, oppure avete solo paura che la sofferenza possa ripetersi.

Siamo dei contenitori troppo piccoli per l’amore passionale; se in noi si riversa troppo amore (o anche troppo odio…), il contenitore fatalmente si rompe!

Che collegamento c’è tra tutto ciò ed il racconto-film il Signore degli Anelli?

J.R.R Tolkien, nella sua famosa trilogia fantasy, narra di un Anello dai magici e terribili poteri, forgiato nelle viscere di un vulcano da un mago malvagio. Il compito del protagonista (il mite e pacifico Frodo Baggins), a cui viene affidato l’Anello, è di riportarlo nella lontana terra in cui è stato creato, per gettarlo nel cratere del vulcano (il monte Fato). In questo modo il suo sconfinato e malvagio potere sarà cancellato per sempre.

I poteri della terra devono tornare alla terra. Non sono fatti per noi e non sono fatti per essere gestiti da UNO SOLO di noi. Siamo dei contenitori troppo piccoli…

In effetti l’Anello non ha nulla di malvagio IN SE, perché la malvagità è nel cuore degli esseri senzienti. L’Anello non fa altro che amplificare le capacità di chi lo possiede e gli dona poteri che nemmeno immaginava, ma invisibilmente e con lentezza lo annienta, riducendolo ad un’ombra. Se il misterioso oggetto venisse in possesso di un potente mago, le sue facoltà diverrebbero improvvisamente indomabili. Inoltre l’Anello al principio permette di controllare tali poteri, ma dopo breve tempo è la sua oscurità che pone un fatal velo di fronte agli occhi. Ora è lui che domina il malcapitato e lo dirige, inconsapevole, verso le tenebre.

Il tema del potere della terra che va restituito alla terra (o a Dio, o agli dei), ricorre frequentemente in tutte le culture del mondo.

Nei miti dell’antica Grecia si ripetono spesso situazioni in cui un personaggio viene punito per non avere reso un sacrificio agli dei. È ad esempio la storia di Atalanta. Abilissima nella corsa, promise di sposare chi l’avesse battuta. Solo Ippomene riuscì a vincere con l’aiuto di Afrodite che gli consigliò di lanciare sulla pista tre mele d’oro che la fanciulla si chinò a raccogliere perdendo tempo. Ma disgraziatamente gli amanti focosi partirono per consumare il loro matrimonio senza fare un sacrificio al tempio di Afrodite. Furono allora trasformati in una coppia di leoni.

Non hanno voluto “restituire” il potere che gli era stato consegnato, e così si sono bruciati, hanno avuto la punizione che meritavano. Quel potere gli era stato consegnato per compiere qualcosa, non per essere tenuto come un oggetto del proprio egoismo. Gli antichi Greci sapevano che persino l’innamoramento era un dono degli dei. Chi non rendeva grazie agli dei, per l’amore che essi gli avevano donato, sarebbe stato fatalmente punito!

L’Anello sta a simboleggiare tutto ciò: è il potere della terra e alla terra deve tornare; chi se ne appropria indebitamente fa un atto di tremenda “Hybris” e cammina a grandi passi verso la rovina.

Cosa ci può insegnare questa storia così bella, grandiosa e fiabesca? Abbiamo già detto che l’innamoramento è un potere troppo grande per poterlo gestire: siamo costretti a “restituire” il potere creativo che esso ci da, senza attaccarci né alla persona oggetto dell’innamoramento stesso, né dobbiamo aggrapparci alle splendide sensazioni che esso, in brevi e fuggevoli istanti, ci elargisce. Ma nell’Anello di Tolkien c’è molto più di questo…

Ambizione, egoismo, rabbia, paura, gelosia, invidia, desiderio di potere, desiderio di denaro. Tutti sentimenti che abbiamo provato almeno una volta nella vita, anche se la maggior parte di noi li ha conosciuti in forme molto leggere. Sono questi i sentimenti che l’Anello di Tolkien infonde nei suoi personaggi: coloro che lo possiedono non riescono più a liberarsene. Ma è possibile una cosa del genere?

Per fare un esempio comprensibile: se possedete molto denaro, avrete certamente la tendenza ad “essere posseduti” dal denaro. Cioè la ricchezza, a lungo andare, vi metterà nella condizione di dover pensare giorno e notte al denaro: a fare in modo che non sia rubato, che non sia dissipato, che aumenti sempre. Quindi se avete molto denaro, ne vorrete sempre di più e sarete disposti a passare sul cadavere di chiunque per possederne sempre di più. Lo stesso vale per il potere. Il potere corrompe, il potere assoluto corrompe in maniera assoluta! È molto difficile essere ricchi e potenti senza “montarsi la testa” e infatti, lo vediamo bene: sono in pochi quelli che ci riescono. Inoltre è molto difficile guardare coloro che hanno il potere e il denaro, senza mai desiderare di essere al loro posto! Almeno una volta…

La ricchezza e il potere vanno naturalmente intesi anche in senso figurato. Un uomo o una donna dotati, per fare un esempio, di immense capacità artistiche, possiedono una grande ricchezza. È una ricchezza interiore, ma la storia non cambia affatto. Anche per la ricchezza interiore ci si può “montare la testa”. È molto difficile resistere a questa tentazione.

Così com’era difficile per i personaggi del Signore degli Anelli, liberarsi dell’anello una volta posseduto. Era anche molto difficile “non desiderare” di possederlo.

Il solo pensiero dei poteri illimitati che poteva fornire, era sufficiente a scatenare l’aggressività di chiunque, anche dell’essere più buono e mite.

Nelle filosofie orientali l’abbandono dei desideri sensuali è molto importante per la realizzazione spirituale. Guardiamo attentamente agli insegnamenti del Buddha: l’estirpazione dal cuore dell’uomo di ogni residuo di ambizione è il presupposto per la realizzazione, per il Nirvana. Al contrario, l’indulgere ad abitudini mentali sbagliate, porta alla distruzione e, nel migliore dei casi, alla più acuta infelicità. Gesù afferma che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli. Tornando a livelli più “cinematografici”: nei film della saga di Guerre Stellari, il temibile cavaliere Jedi Darth Vader, cade nel Lato Oscuro della Forza a causa della sua smisurata ambizione e della consapevolezza della sua bravura. Anche la bravura è una ricchezza.

In realtà sappiamo bene, anche nel piccolo delle nostre vite, quanti disastri possa causare l’egoismo.

Alla fine cosa ci vuole insegnare la storia dell’Anello? Ci svela qualcosa che può essere utile alla nostra salute mentale e spirituale. Dobbiamo riconoscere ciò che c’è di più oscuro dentro di noi e ciò che c’è di più nobile. Si, perché spesso in questa età moderna, è più facile ammettere le proprie meschinità piuttosto che scoprire la propria nobiltà! Ci sentiamo pessimi, ma ciò ovviamente non è possibile. In noi risiedono sia la luce sia l’ombra. La salute mentale, come affermava C.G. Jung, dipende da come abbiamo saputo assimilare queste due opposte polarità, armonizzandole in un tutto unico.

Ma per fare ciò, siamo costretti ad affrontare un lungo viaggio dentro noi stessi; un viaggio simile a quello dei nostri eroi della Compagnia dell’Anello. È un cammino irto di difficoltà, di trappole, di agguati, di ostacoli, ma che porta in un solo luogo: al vero centro di noi stessi!

 

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